Io?
Eva!
P.V.
(Gridato)
PiovEva-PiOv'Eva-AvvioP.E.-AvePivó-Vo'Piave-ViaPove-ApeVivo
(Commosso, ma non troppo. Non se lo merita)
VA'...PIOVE
(In silenzio. L'unica vendetta che si puó)
Pioveva.
E
nessuno aveva il dubbio che quella fosse acqua purificatrice. Pioveva
su Belmuro e sopra Urbino.
Ma nessuno sapeva su cosa piovesse.
Così Fabio e Francesca vagavano sul ponte ed ogni tanto tiravano
un'occhiata al fiume, da dove tornava acqua e si scaldavano così
le mani. Ma il letto era morbido (il letto) e sapeva ancora di sangue.
Provarono allora a prendere un grido di quelli che arrivano in strada,
sopra i tetti delle auto, per parlare, anzi solo per modulare qualsiasi
tipo di suono. Ma di urla non ce n'era, tutti davanti al televisore
spento. Perché in questo modo si capisce meglio la propria
storia. Il semaforo rimase verde, tutte le macchine erano passate;
nessuno con l'ombrello che portasse un po' di nero in quella coperta
d'apatia. L'orizzonte, non si vede-va nemmeno l'orizzonte. Distinguevano
solo il punto, preciso, dove curvava il fiume, un punto che rimandava
gli sguardi di Fabio e Francesca che in questo modo si riscaldavano
le mani. Non c'erano tuoni,neanche quelle tremende grida della natura,
non c'erano, altrimenti sarebbe stato molto più facile alzare
gli occhi e provare, almeno provare, a capire. E tutto passava così,
mentre passavano sul ponte; neanche un piccolo oggetto definito
che servisse da riferimento. Solo il punto dove svoltava il fiume,
talmente stupido da non sembrare vero. Ma li infuocava, perché
da lì tornavano loro tutti gli sguardi.
"Dimmi
qualcosa
gli
ordinò con voce cadente
che
io già so".
Fabio guardò il punto, tolse la mano, calda, dalla tasca
destra del cappotto ed iniziò a toccare le frange della sciarpa
che Francesca teneva arrotolata sul collo: "Perché".
In quell'istante il viso di lei si fece bianco, e chiuso, ed aprì
gli occhi fin dove poteva "Ma tu sei un poeta urlava"
ma non c'era voce né tempo. Niente. Come se tutto fosse.
Fabio la vide cattiva e per addolcirla aprì la borsa che
teneva sotto al braccio per tirare fuori il libro. Con un gesto,
solo uno, voleva tirar fuori i sogni che erano là dentro,
senza fatica; Francesca posò la mano su quella borsa verde
e gli fece cenno di chiuderla. Poi, mentre l'acqua si faceva più
insistente tanto da spaccare anche i fogli delle rose, disegnò
coi pollici due baffi sulla bocca di Fabio e avvicinandosi a lui
mormorò:
"Dimmi
qualcosa che io già so".
"Passerà
un cane tra noi due, piccola, e farà rumore; allora saremo
pieni di ossa e di carne, e di parole. Ma ora non ho da perdere
un capello".
La
strada scherzava girando tra i palazzi; senza finestre. Tra le righe
aperte dei bambini scorreva, tra asfalto e marciapiede, ancora,
ancora, ancora quella for-ma di innocenza o quella vecchia punitrice
che é l'acqua. Si, l'acqua sa su chi deve cadere ad indicare
il punto delle colpe commesse e coscienti.
Ma nessuno sapeva su cosa piovesse.
"Ma
tu sei un poeta mi urlava dall'alto, senza voce
tu
ce le hai le parole, dammele". No, non ricadere nello stesso
errore, ti prego, é solo mio quel corpo, non lo fare. Fabio
iniziò a cantare e prese i fogli delle rose intonando un'al-ba
provenzale ed arrivò fino a quando poteva. La pioggia smembrò
l'inchiostro e poi le lettere e le parole e la sua voce e il foglio.
Si ritrovò distrutto a leggere i calli delle dita e quando
non ebbe più lacrime girò la testa verso la donna.
Tutto ormai era spento, quella poca luce rimasta permetteva solo
di vedere la figura, i contorni di Francesca, le sue unghie affilate
che tagliavano le gocce, le unghie con le quali si grattava la pancia.
Ormai esisteva solo il ponte in tutta la sua lunghezza, forse ancora
di più, fino a dove?
"Ora
voglio l'uomo" lei disse mentre, muoveva i primi passi verso
il buio. Un'altra volta, come sempre. E acqua, il punto che riscaldava
le mani era piccolo, ancora più insignificante, più
caldo. Fabio non sentiva neanche i passi di Francesca, s'era seduto
con niente da dire e mi tende le mani, piangendo salutava le parole
che cadevano dai suoi passi. Non le poteva riprendere, erano mie.
Non lo sono più. Era lui ed io che non siamo più se
non in un punto dal quale tornano gli sguardi che ci riscaldano
le mani. Nel quale non piove.
©
Giampaolo
Vincenzi
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